Strategie e implementazioni multi-cloud nascono perché: ogni app ha un ambiente cloud ideale, così come un ambiente di sicurezza più adatto. Alcune possono svilupparsi solo in un cloud pubblico
A cura di Maurizio Desiderio, Country Manager per l’Italia e Malta di F5 Networks
Da sempre, il cloud ha che fare con la realizzazione di economie di scala. Oggi che la trasformazione digitale spinge le organizzazioni a cercare sempre più nelle applicazioni nuove opportunità per incrementare la produttività e il profitto, il grado con cui le app devono poter scalare è aumentato esponenzialmente.
Il numero delle app e la frequenza con la quale devono essere aggiornate e potenziate le rendono ormai ingestibili con metodi manuali tradizionali. La scalabilità di applicazioni e operation trova quindi il proprio “collo di bottiglia” in ciò che è umano.
Non è possibile semplicemente incaricare più persone di risolvere il problema e aspettarsi gli stessi risultati; il costo per applicazione – per utente, per cliente, per transazione – rischia di aumentare molto più velocemente di quanto crescano i ricavi e dei benefici ottenibili in termini di riduzione dei costi. Questo squilibrio rende impossibile continuare a distribuire le app come abbiamo fatto in passato.
Il cloud da sempre promette di cambiare quell’equazione introducendo il potere della standardizzazione. Non si tratta però di riempire dei rack con copie esatte degli stessi server white-box, ma di standardizzare le operazioni. Il cloud pubblico ottiene tutto questo fornendo una piattaforma standardizzata attraverso la quale le operazioni possono interfacciarsi con le risorse. Standardizzando il provisioning e la gestione di quelle risorse comuni (servizi) – per il computing, la rete e lo storage – l’automazione (che è DevOps) può essere applicata e si può ottiene una migliore economia di scala.
Ma le applicazioni richiedono molto più di semplici servizi core; devono essere più veloci e più sicure, e questo significa offrire loro in modo più intelligente i servizi, a volte su misura, di cui necessitano, ad esempio, per la sicurezza o le prestazioni.
Standardizzare l’automazione è la base per innovare
Le app possono avere esigenze comuni in termini di sicurezza e prestazioni, ma questa base comune non è sempre sufficiente per offrire la corretta protezione e sostenere l’attuale domanda di nuove app da parte dei consumatori. È necessaria anche una protezione aggiuntiva basata su standard di sicurezza contro gli attacchi a livello di piattaforma e protocollo. Inoltre, si deve poter migliorare in modo costante le prestazioni per aggiungere valore.
Senza avere prima standardizzato, però, non è possibile cogliere tutti questi aspetti. Qui entra in gioco il cloud, come primo passo per porre l’attenzione su come cogliere il vantaggio competitivo e offrire ai consumatori vantaggi concreti, come app veloci e sicure per una migliore interazione con l’azienda.
Tuttavia, non tutte le app sono adatte a qualsiasi ambiente cloud; alcune richiedono un livello di sicurezza e familiarità che solo un ambiente aziendale può offrire. Altre possono prosperare solo in un cloud pubblico. Questo è uno dei motivi per cui assistiamo alla nascita di strategie e implementazioni multi-cloud e di nuovi ambienti (come la colocation e le interconnessioni) che aiutano a realizzarli. Come in passato lavorando on-premise cercavamo lo “strumento giusto per ogni particolare lavoro”, oggi nell’equivalente digitale abbiamo bisogno del “cloud giusto ogni particolare compito”.
L’utilizzo di una strategia multi-cloud rende la standardizzazione più impegnativa perché ogni ambiente può essere standardizzato per conto proprio ma non insieme agli altri. Strumenti e framework aiutano ad affrontare questa sfida fornendo un livello di “interfaccia standard” agli operatori incaricati di gestire il deployment off-premise. Si tratta di un livello operativo che consente la standardizzazione in un mondo in cui i cloud hanno caratteristiche nettamente diverse.
Una volta standardizzati i servizi comuni core, necessari per raggiungere le economie di scala, bisogna considerare i servizi applicativi che forniscono sicurezza e protezione e l’incremento nelle prestazioni richiesto per mantenere alto il livello di engagement dei consumatori. Al termine del processo di standardizzazione si avrà a disposizione un’interfaccia operativa condivisa, e si potrà automatizzare. Un approccio vincente sarà automatizzare prima servizi e processi comuni e condivisi, per poi utilizzare il tempo e il budget risparmiati per finanziare servizi e processi più avanzati e potenzialmente personalizzati.
In sintesi, l’automazione è l’ingrediente segreto per migliorare le economie di scala e ridurre le differenze nei risultati perché, come dimostrano vari studi, circa il 22% delle interruzioni di servizio è il risultato di un errore umano e l’IT oggi impiega circa il 15,9% del suo tempo nel risolvere e rimediare a problemi, che molto spesso sono il risultato diretto di questi errori umani. L’automazione può liberare tempo non solo riducendo quello dedicato alle attività di provisioning, aggiornamento, patch e gestione della configurazione, ma facendo diminuire anche il numero di errori e il tempo necessario a identificarli e correggerli.
Il risultato finale è avere a disposizione tempo e risorse da investire nell’innovazione, sia che si tratti di dedicarsi a creare nuove idee di business o di ricercare nuove opportunità per ottimizzare l’IT. Tutto ciò è possibile grazie all’automazione, che eccelle davvero solo se applicata a un sistema standardizzato. Questa idea non è nuova: le linee di assemblaggio e l’automazione forniscono economie di scala da oltre un secolo. E tutto è iniziato con lo stesso passaggio, la standardizzazione. Per l’IT però si traduce nella capacità di guardare attentamente a tutti gli strumenti, framework e piattaforme su cui si fa affidamento rispetto a tutte le proprietà dell’azienda – off e on premise – e procedere rapidamente con la standardizzazione per poi automatizzare e giungere infine a innovare.